Legge ammazza-blog: a rischio la libera informazione anche in internet

Ringrazio Silvio S. per la segnalazione.

Cara lettrice, caro lettore,

in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.

Si apre così la prima pagina di Wikipedia. E prosegue…

Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.

Credo che il problema sorga per tutti i siti di libera informazione.
Ma approfondiamo l’argomento.
Sul sito Ansa.it troviamo l’articolo Scheda: ammazza blog, norma che ritorna . Da leggere bene il testo evidenziato!

ROMA – Ogni gestore di ‘sito informatico’ ha l’obbligo di rettificare ogni contenuto sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi.Non c’é possibilità di replica, chi non rettifica entro 48 ore paga fino a 12 mila euro di multa. E’ questo, in sintesi, il contenuto del comma 29 della del ddl di riforma delle intercettazioni, la cosiddetta norma ‘ammazza-blog’, già comparsa nella prima stesura del provvedimento nel 2209 e nelle sue ulteriori riproposizioni, d’attualità in questi giorni in cui il governo è tornato alla carica sul disegno di legge.
Oltre cento associazioni, blogger, gruppi di attivisti in rete ma anche politici, ora come allora, sostengono che la misura non solo mette un bavaglio alla libertà di espressione sulla Rete, ma accosta ingiustamente blog individuali a testate registrate, equiparando dunque opinioni personali ad editoria vera e propria. E non ultimo tocca pesantemente le finanze di chi si rifiuta di rettificare quello che ha ritenuto di pubblicare, senza possibilità di opposizione. Continua a leggere

CARLOS LO "SCIACALLO" E LA STRAGE DI BOLOGNA

Tratto dal sito del Corriere della sera: http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_26/strage_bologna_carlos_assolve_mambro_fioravanti_2afc92f8-3213-11de-becc-00144f02aabc.shtml

Carlos «assolve» Mambro e Fioravanti
Strage di Bologna, è stato interrogato per la prima volta a Parigi
DAL NOSTRO INVIATO
PARIGI — Carlos lo sciacallo, per la prima volta davanti a un magistrato italiano, detta la risposta in lingua francese: «La strage del 2 agosto, a Bologna, non è opera dei fascisti».
Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, così come Luigi Ciavardini, i neofascisti condannati per la bomba alla stazione coi suoi 85 morti e i duecento feriti, non avrebbero nulla a che fare con la terribile esplosione al tritolo che nell’estate del 1980 sbriciolò la sala d’aspetto di seconda classe e investì il treno Ancona-Chiasso in sosta sul primo binario.Ascoltato per rogatoria dal pubblico ministero bolognese Enrico Cieri, entrato alle nove di venerdì col funzionario della Digos Marotta nell’austero Palazzo di Giustizia parigino che guarda in faccia le punte della cattedrale di Notre Dame e taglia in due la Senna, il terrorista internazionale di origini venezuelane non batte ciglio e ripete: «A mettere la bomba a Bologna non sono stati né i rivoluzionari né i fascisti…». Continua a leggere

Magistrati alzatevi. Stavolta gli imputati siete voi.

E il giudice si tolse la toga.
“Non sopportavo più l’idiozia di troppi colleghi”
Per 42 anni al servizio dello Stato, 80mila sentenze e mai un giorno d’assenza. Sei volte davanti al Csm per le critiche alla corporazione: “Sempre prosciolto”

di Stefano Lorenzetto
Magistrati, alzatevi! Stavolta gli imputati siete voi e a processarvi è un vostro collega, il giudice Edoardo Mori. Che un anno fa, come in questi giorni, decise di strapparsi di dosso la toga, disgustato dall’impreparazione e dalla faziosità regnanti nei palazzi di giustizia. «Sarei potuto rimanere fino al 2014, ma non ce la facevo più a reggere l’idiozia delle nuove leve che sui giornali e nei tiggì incarnano il volto della magistratura. Meglio la pensione».

Per 42 anni il giudice Mori ha servito lo Stato tutti i santi i giorni, mai un’assenza, a parte la settimana in cui il figlioletto Daniele gli attaccò il morbillo; prima per otto anni pretore a Chiavenna, in Valtellina, e poi dal 1977 giudice istruttore, giudice per le indagini preliminari, giudice fallimentare (il più rapido d’Italia, attesta il ministero della Giustizia), nonché presidente del Tribunale della libertà, a Bolzano, dov’è stato protagonista dei processi contro i terroristi sudtirolesi, ha giudicato efferati serial killer come Marco Bergamo (cinque prostitute sgozzate a coltellate), s’è occupato d’ogni aspetto giurisprudenziale a esclusione solo del diritto di famiglia e del lavoro. Con un’imparzialità e una competenza che gli vengono riconosciute persino dai suoi nemici. Ovviamente se n’è fatti parecchi, esattamente come suo padre Giovanni, che da podestà di Zeri, in Lunigiana, nel 1939 mandò a farsi friggere Benito Mussolini, divenne antifascista e ospitò per sei mesi in casa propria i soldati inglesi venuti a liberare l’Italia. Continua a leggere